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RaimondoVisione: Per concessione de Il Purosangue - di Corsa, le riflessioni di Franco Raimondi sul Derby-Day

Riteniamo importante, a questo punto, come fondamentale apporto di cultura per i tanti appassionati che seguono Mondoturf (pubblico in crescita, siamo fieri) pubblicare e riproporvi delle riflessioni pubblicate da Franco Raimondi in "Il Purosangue - di Corsa", numero 19 del 2013, il Settimanale di informazione ippica a cura di A.N.A.C. e S.G.A., che dunque ringraziamo per averci permesso la riproposizione, nella rubrica chiamata "RaimondoVisione". Si parla di Derby, di tecnica, di allevamento. Non sveliamo altro, buona lettura.
Si riparte da 10.000, più o meno, come gli spettatori del Derby day. Un miracolo - per chi conosce bene la realtà romana come Mario Berardelli - visto che in tempi di crisi l’impegno sui media è stato ridotto. Il grande pubblico di domenica a Capannelle non deve diventare, però, come un paio d’occhiali con le fette di salame al posto delle lenti. Di giornate così ce ne sono poche durante l’anno, vanno sfruttate come il miglior spot per il prodotto che vendiamo, cercando di agganciare un parte di pubblico casuale per trasformarlo in clientela. C’è molto da lavorare sull’organizzazione del prodotto, perché anche quello che sembra un dettaglio, la disposizione delle corse lungo l’arco della giornata, è importante. Il programma del Derby Day ha dimostrato che il pubblico regge bene le nove corse, potrebbe tenerne anche dieci a patto di non allungare troppo il brodo. Infatti l’ultima, che era molto simile alla penultima, ha fatto un – 10%. Lasciamo da parte questi discorsi sulle scommesse che, fino a quando non ci sarà una vera riforma, sono fatti sulla sabbia e occupiamoci di quello che è successo in pista. La prima cosa da segnalare, con sollievo, è che non basta un vincitore di maiden a Pontefract o un piazzato di corsa D a Longchamp per battere i migliori 3 anni prodotti dal circuito di selezione italiano. Se ce l’abbiamo fatta questa volta, in un Derby che è arrivato come atto finale della stagione (consideriamo che l’anno ippico va da maggio a maggio) più travagliata della storia, possiamo stare abbastanza tranquilli. I dodici mesi che dal debutto dei 2 anni portano al Derby riescono ancora a far emergere i migliori, a condurli all’esame pronti al punto giusto.
Il secondo è che l’allevamento italiano, pur abbandonato e isolato, è in grado di tirar fuori ogni anno almeno un soggeto sopra le righe. Sandro Marranini di ItaliaForm ha valutato la prestazione di Biz The Nurse 112, un numero che vale 110 nella scala del Racing Post. Per fare un raffronto con i derbywwinner più recenti siamo nella sfera di Crackerjack King e Cima de Triomphe, e sopra Feuerblitz. Rispetto al recente passato manca “densità” intorno al vincitore e i numeri ci confermano una sensazione che avevamo avuto a caldo. D’altra parte con meno cavalli nati ci sono meno probabilità di ottenerne dei buoni…Il terzo è che la selezione paga sempre e comunque. Diamo una rapida occhiata al pedigree di Biz The Nurse. La madre Biz Bar (famiglia di Niniski) è stata una vincitrice di listed a 2 anni e ha sfiorato il piazzamento nelle Oaks. In buona sostanza è stata una performer di livello superiore che, al termine di una carriera di corse brillante, si è meritata di andare in razza. E’ da cavalle di questo  tipo che ci si può aspettare, con investimenti e lavoro come ha fatto Massimo Parri, il soggetto capace di fare il botto. Ancora più forte in pista è stata Super Bobbina, la madre di Refuse To Bobbin che ha vinto il Mauro Sbarigia per la passione della Chimax. Quante Biz Bar e quane Super Bobbina ci sono rimaste? Diciamo 150-200 e da queste si deve ripartire. Il quarto è il rimpianto per la partenza di Oratorio, ormai pronto a iniziare la stagione di monta in Sudafrica. Domenica è stata la sua giornata, perché oltre a Biz The Nurse ha dato anche Military Attack, il vincitore della Singapore Cup. Oratorio è stato il Champion Sire in Italia nel 2012 grazie a Cherry Collect e Biz The Nurse lo mette in una buona posizione per difendere il titolo. Il figlio di Oratorio ha quattro generazioni che sono passate all’esame delle classiche e si è difeso alla grande. In un altro momento l’Italia se lo sarebbe portato a casa. L’Italia, se saprà ripartire dai 10.000 di Roma, potrà acquistare il prossimo Oratorio.
FRANCO RAIMONDI

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