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L'Italia delle eccellenze nell'ippica: smantellata, disintegrata, annientata. Cosa resterà del nostro turf da oggi in poi?

Pubblichiamo in questa occasione un articolo apparso qualche giorno fa su Trotto&Turf a firma di Mario Berardelli; Un vero e proprio punto della situazione amaro, per come è stata gestita l'ippica degli ultimi anni e di come sia arrivata ad un punto di annientamento senza ritorno. L'Italia ha prodotto cavalli buoni attraverso l'allevamento ora inesistente attraverso la vendita delle migliori fattrici, ha prodotto fantini eccellenti ora fuori dai nostri confini, ha prodotto allenatori bravi ma non gratificati e allontanato proprietari di primo livello, lasciando a pochi la possibilità di investire in Italia, mortificato le nostre corse più belle spingendo a vendere i migliori in Italia, nonappena arriva un offerta congrua, nemmeno troppo soddisfacente. Con amarezza, pubblichiamo di nuovo il pezzo, sperando che il fondo sia stato toccato, per poter prima o poi risalire o ricostruire 30 anni di ippica oramai cancellati.
Meydan sabato pomeriggio: Jakka vola all’esterno e domina, Hunter’s Light stravince, Sahhjja fa altrettanto. Due gruppi uno e un due. Le linee delle nostre corse, il Roma e il Tesio ribadite e mese in sicurezza. Il nostro allevamento ancora sul podio più alto. Un trionfo mercuriano. Il cuore si apre alla gioia e insieme alla commozione. Siamo una ippica viva. Un attimo dopo subentra la tristezza, il dolore, l’avvilimento. Proprio nel momento, l’ennesimo, di conferma che la vera ippica ha visto ancora una volta gratificato il proprio grande lavoro ci rendiamo conto che tutto è diventato forse inutile. Tutto è stato buttato alle ortiche perché probabilmente non esiste più l’ippica dei nostri sogni, la cultura per la quale ci siamo battuti, il solco tracciato in ottanta anni, quelli che vanno da Ortello a sabato scorso e vissuto mirabilmente dalle gesta di Nearco, Donatello, Tenerani, Nuccio, Ribot, Molvedo, Marguerite Vernaut, Prince Royal, Grundy, Bolkonski, Tony Bin e gli eroi degli ultimi 20 anni. L’Italia del turf, pur in contesti non facili, ha sempre mostrato di esistere. Anzi proprio negli ultimi 20 anni, a dispetto di un assetto istituzionale disastroso e demolitorio, a dispetto di un contesto internazionale non facile da vivere ma pienamente e mercurianamente accettato dai nostri migliori, ebbene la nostra ippica ha scritto pagine mirabili. Lo ha fatto nel momento stesso in cui scientemente alcuni, con ignoranza altri, stavano mettendo la parola fine ad una storia moderna di 80 anni meravigliosi. Cosa resta, anzi cosa resterà del nostro turf da oggi in poi? Nulla purtroppo perché abbiamo costretto alla resa una cultura, uno stile di vita, abbiamo fatto scappare frustrandone l’entusiasmo coloro che avrebbero potuto investendo in cambio di amore e gioia dare un volto, un senso, una ragione al nostro mondo. L’allevamento è stato raso al suolo, i grandi proprietari mortificati e derisi quasi, gli investitori internazionali presi in giro da montepremi mai pagati o con grande ritardo. Siamo tutti colpevoli. Non siamo capaci di trasmettere la passione che ci ha animato, non vediamo che pochi eroici giovani avvicinarsi nella maniera migliore al sublime mondo del turf che tuttavia, da noi, sta perdendo i connotati, ha smarrito i fondamentali, non ha creato i quadri tecnici e dirigenziali necessari, salvo meritorie ma rare eccezioni. Inseguiamo prebende mortificando ogni meritocrazia, quadrature impossibili di bilanci, siamo diventati solo un settore merceologico e di terza fascia, abbiamo perduto l’anima. Abbiamo perduto la gioia di credere in un sogno perché l’ippica è prima di tutto un sogno che tutti vorrebbero trasformare in realtà. Invece ci stiamo per consegnare definitivamente alla burocrazia peggiore dopo essere stati fatti a brandelli da una partitocrazia manovrata che non ha avuto pietà negli ultimi dodici anni. Che dolore, che tristezza, forse anche che squallore!
Mario Berardelli

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